Racconti

È in fase di pubblicazione “Ricomincia da qui”, primo saggio di Loris Allemann (Aprile 2017).
Il libro è ottenibile in tutte le librerie oppure qui: Loris Allemann

Canzoni

Visualizza le mie canzoni

Le lacrime perse, che aveva tre anni.
Il fuoco le prese strappandole al sonno.
La casa crollava, lei sola in giardino.
Cercava nel fumo chi le diede il respiro.

Aurora balla, Aurora balla, Aurora balla sul tavolo…
Aurora balla, Aurora è bella e nessuno la fermerà!
Cresciuta coi gatti e sei madri pagate,
subiva l’inverno soprattutto in estate.
Sperava in un vuoto un po’ meno svuotato,
ogni tanto pregava per un giorno ridato.

Aurora balla, Aurora balla, Aurora balla sul tavolo…
Aurora balla, Aurora è bella e nessuno la fermerà!
Il principe venne, ubriaco nel cuore.
La prese con sé per posarla all’altare.
Al bacio seguì ciò che segue all’amore,
quel che fanno le mani quando il sangue è liquore.

Aurora balla, Aurora balla, Aurora balla sul tavolo…
Aurora balla, Aurora è bella e nessuno la fermerà!
Aurora alla vita ha riso negli occhi,
si tolse le scarpe, si tolse quei tacchi.
Salendo sul tavolo tra sbadigli e pensieri,
e comincia a danzare con l’Aurora di ieri.

Aurora balla, Aurora balla, Aurora balla sul tavolo.
Aurora balla, Aurora è bella e nessuno la fermerà!

Camminavi sulla strada del porto,
Capitano la tua nave dov’è ?
Fischiettavi di noia e sconforto,
Questa terra non è un posto per te.
Tu che i mari li hai visti dal centro,
Tu che al Whyskey ora chiedi « perchè » ?

Ma tu sai che un uomo non piange,
Non vuoi dare altro sale al tuo mar
Ti senti strappato al tuo mondo
Naufragato sul molo in città.

Cosa pensa della vela un timone ?
Cosa pensa tuo figlio di te…
Ha sei anni, ma non sai quanto mangia…
Quante volte ha chiesto : « Un padre cos’è ? »
Ha i tuoi occhi, e gioca a fare il pirata
Cosa aspetti, corri adesso da lui.

Ma tu sai che un uomo non piange,
Non vuoi dare altro sale al tuo mar
Ti senti strappato al tuo mondo
Naufragato sul molo in città.

Gocce come coltelli affilati,
Onde in piedi come sposi all’altar
Hai sfidato bufere e tepeste,
E ora tremi nel senire il tuo cuor
Quanto costa essere uomo davvero ?
Quanto è dura navigar verso te.
Ma tu sai che un uomo non piange,
Non vuoi dare, altro sale al tuo mar
Ti senti strappato al tuo mondo
Naufragato sul molo in città.

Una donna ti prende la mano,
Sputi a terra e le dici « oggi no ! »
La tua sete, non è sete di carne,
Della pelle sogni solo il calor.
Guardi il faro e pensi : « è lì che son nato »
Guardi il polso e pensi : « è ora di andar »

Ma tu sai che un uomo non piange,
Non vuoi dare altro sale al tuo mar
Ti senti strappato al tuo mondo
Naufragato sul molo in città.

In fondo a quella via,
C’è una donna seduta in preghiera, non ha angeli dalla sua parte,
ma un randagio che prima non c’èra.
E chiedo :
Quanta voce ha bisogno una bocca, per raggiungere le orecchie del cielo.

In fondo a quella via,
C’è un serpente che vende monete, ha per occhi due gocce di morte,
La sua bocca e una coppa di sete.
Come si ascolta una voce lontana, ti guarda appena e non dice il suo
nome,
Soffia la lingua in maniera assai strana, si fa capire sbattendo la coda.
E chiedo, chiedo :
Alle spade di ridarmi il mio sangue, che il veleno risalga alle labbra.

In fondo a quella via,
C’è una tenda dove si balla, i violini son foreste infuocate,
le chitarre si spengono all’alba.
In fondo a quella strada, per una sera nessuno è più solo,
Anche lo scemo ha trovato una rosa, pur senza ali ha spiccato il suo volo.
Chiedo, chiedo :
Se la pioggia è l’oceano che vola, quanto mare ho già visto cader.
Chiedo, chiedo :
Se i miei figli sono figli del tempo, quanti padri si portano dentro ?

In fondo a quella via c’ê uno squarcio affacciato sul mondo,
Guarda a miliardi di cuori assopiti, filtra una luce che sale dal fondo.
Chiedo, chiedo :
Quante stelle ha bisogno la notte, per scordare il primo raggio di sole ?
Chiedo, chiedo :
Perchè a volte chiudo gli occhi da sveglio, altre invece li apro e non vedo.

Saranno questi avanzi di pioggia,
ma il cielo mi sembra mentir.
Sarà che anche il mare sta perdendo colore,
rovesciandosi in questo imbrunir.
Sarà che anche il mare rinuncia a star sveglio,
e si arrende a quel finto morir.

Ma tu, che di notte sei tu,
mi cerchi e mi prendi la mano,
sorridi dicendo “ricordi a Istanbul?”
In silenzio aspetti un mio si.
Ti penso arrossire, ti stringo la mano,
alla notte rispondo così.

E lo sai, e lo so e lo sa,
che nel buio ogni fiamma è di più.
Lo sa la candela, nostro sole la sera,
mentre leggo a voce alta per te.
Lo sa la scintilla, il faro e la stella,
i ricordi che affiorano in noi.

Mentre il vento ci parla così,
di distese e orizzonti a metà.
Mi baci sugli occhi che da un po’ sono i tuoi,
che da poco han saputo veder.
“Passerà questo buio”, me lo dici sul cuore,
“non temere il mattino verrà.”

“E vedrai, e vedrai e vedrai!
Vedrai colorarsi ogni cosa.
Vedrai luce nuova posarsi sul mondo,
che sul mondo non si è vista mai.
Vedremo con occhi cresciuti di notte,
vedremo vedrai quel che vuoi.”

In questa stanza senza quadri ai muri
In questo bosco di fresche parole
In questo giorno stanco, in questo libro bianco
Avrei potuto scriver nuove cose.

Avrei potuto inventare un mondo,
dove chi ride vince un viaggio al mare,
Dove nessuno parla, e la scuola insegna
Che la voce esiste per cantare.

Avrei potuto salutare tutti
Anche chi gli occhi li usa come suole
Vestirmi a festa e uscire con un mantello giallo
E dire a tutti di guardare il sole

In questa stanza di finestre chiuse
In questo cielo che piange silenzi
In questo buio sento, un roditore dentro,
Che rosicchia ciò che ho detto ieri

Sento un anziano che parla di spalle
Cerca una rima da sposare a « magia »
Insieme discutiamo, in fine conveniamo ;
La prescelta a nozze è « fantasia ».

Sento che il tempo ha un cappello di spine
Che mentre danza gli cade sugli occhi
Sento che cerca quiete che suda ha fame e sete
Ma la sua sedia l’han spostata

In questa stanza di pensieri strani
In questo mondo di visioni al neon
In questo spazio perso nel veder diverso
ciò che sfugge all’occhio imprigionato

Sogno un castello di fiammiferi e chiodi
Un alveare sul comodino
Di costruire un cuore, che batta salsa e samba,
Usando un vaso ed un sassolino.

Sogno una doccia di fiori di campo
che suda perle di fresca rugiada
Sogno di astrarmi al punto di
Mischiarmi al sogno e di seguirlo
a corsa ovunque vada

In questo bosco di sole parole
In questo giorno stanco, su questo foglio bianco
Avrei potuto scriver altre cose.

Dopo trent’anni passati a studiare :
quanta più luce ora riesco a capire,
quanta più acqua mi sta in una mano,
quante promesse non riesco a tradire ?

C’è aria di neve o è soltanto che ho male,
un male grandioso ha nel grembo un gran bene,
un cielo notturno senza astri o comete ;
tutto ciò che non so…

Dopo trent’anni di parole non mie,
di aggiunte castranti, stronzate e poesie,
chi me li toglie i miei vestiti di piombo,
chi riconsegna le ali al mio Dio ?

Due specchi lontani che puntano al sole,
riflettono luce non nata da loro,
si acciecan di falso cercandosi altrove…
le cose immense non son fuori da noi…

Dopo trent’anni di maschere e fili,
su quale smorfia ritrovo il moi viso ?
Come ricucio ciò che ieri ho diviso ?
Come lo spiego al ghiaccio il vapor ?

Vorrei che ogni fiore fosse il primo ai miei occhi,
di pensiero e diventar quel che tocco,
uccidere i « credo » e bruciare i miei nomi ;
conoscere è scordarci di noi.
 

Siamo corpi di sale
Che si lanciano in mare
Condannati alla luce,
grazie a ombre e dolore.

Siamo ospiti, soli,
dentro a braccia feroci.
Siamo il pianto di un occhio
Che ha intravisto la pace.

Ma tu non ridi più, ma tu non ridi.
Mentre sbuffi che domani al lavoro c’è bisogno di te.
Ma tu non ridi più, ma tu non ridi,
Questa sera suoneranno alla porta, per vedere chi sei.

Noi veniamo dal nulla
che ha creato ogni cosa.
Siamo vita velata,
da svelar fuori casa.

Pietre sacre, germogli,
tigri bianche e poi l’uomo;
l’inviolato silenzio
brucia e gela ogni nome.

Ma tu non ridi più, ma tu non ridi.
Lavi i denti con la mano appoggiata, e ti specchi in TV.
Ma tu non ridi più, ma tu non ridi. (e ti sfiori i capelli)
Guardi a terra per cercare il tuo nastro, ma per terra non c’è.

Quando ciò che noi siamo
trova il cielo più affine.
E i tre rami nel tronco
si rammentan dell’ uno.

Quando il senso del cuore
si riallaccia al respiro.
E la fine ritorna
ad esser ciò che era prima.

Ma tu non ridi più, ma tu non ridi.
Mentre il vento ti osserva da fuori e ti indossa così..
Ma tu non ridi più, ma tu non ridi.
Sei cresciuta fino all’ultima scarpa; sempre lì, accanto a te.

Piccolo falco parlava alle piante,
Ne sentiva la voce.
La foresta era in lui, come nel sole la luce.
Si avvicinò al Grande Albero,
Quello temuto dal vento
Poggiò l’orecchio al suo tronco
per udirne il lamento.

Arriveranno da ovest,
brandendo spade dentate,
calpesteranno villaggi e animali,
cavalcheranno maiali addestrati.

Rubano il legno alla terra,
lo trasformano in oro.
Spargon morte e deserto,
fuori e dentro di loro.

« Neppure il male più grande,
Potrà mai urtare le stelle.
Avranno corpi e monete,
Ma non vedranno i cristalli. »

« No, non ti lascerò ! »
Disse con occhi salati.
« Insieme vedrai li apripremo
Quei loro pugni serrati. »

Piccolo falco ; sei anni e due lune
Sente la morte lontana.
Per questo ride dalla’alto dei rami,
A chi gli mostra le spade.

Forse i motori infuriati,
Forse una scure nel tronco,
S’alzò un grido nel cielo,
Che più non fece ritorno.

Delicata, ti posi.
L’altra sponda del reale ti è casa.
Neve, tu lo sai ad ogni passo dove vai.

Tu, leggerissima e sola.
Come ogni essere alato, serena.
Non fuggivi da te,
Non fuggivi lo so.

Poi la fune morì,
e con essa il mio cuore.
Tra rocce silvestri e crepacci,
cadevi.
Ritornavi al tuo mare.
Neve, ritornavi lassù.

Tua figlia ti vide, come un fiocco di luce,
posarti in quel bianco infinito, render statua i ruscelli.
Poi pianse con me,
pregammo per te.

Dormi, dormi che è sera
Le mie braccia per te sono piume.
Mille ombre ci danzano attorno,
Animate dalla fiamma del lume.

Dormi, dormi.
Anche il falco riposa nel nido, dopo un giorno di giochi e di volo.

I tuoi occhi si aprono al sogno,
Come a un mondo più vero del vero.
Dove girano le giostre più belle,
E l’arcobaleno fa l’amore col buio.

Dove sei scalzo anche in mezzo alla neve,
mentre rincorri Pinguino e Koala.
Dove si salta nelle pozze se piove,
Dove col gelo nessuno si ammala.

Dormi, dormi.
Anche il delfino ha fatto l’ultimo salto, ora si culla tra le onde del mare.

Il tuo respiro è come un vento leggero,
Dal tuo universo soffia verso quel cielo,
Dove ogni stella puoi chiamarla per nome,
O con un balzo puoi leccare la luna.

Dove le mani profuman di miele,
E gli unicorni fan volare le fate.
Dove se scappi nessuno ti tiene,
E non esistono parole sbagliate.

Dormi, dormi
Anche il tigrotto, il pulcino e l’agnello, adesso dormono e si sognano
altrove.

Dormi, dormi che è sera
Le mie braccia per te sono piume.
La candela è alla fine del viaggio,
Tutto tace e adesso dorme anche il lume.

Pablo stiletto cammina
Come chi sa dove andare
Cappello e occhiali da sole
La luna in cielo a guardare

Sputa per terra poi svolta
Verso chi è già ad aspettare
Saluta appena col mento
Stretta di mano, e scompare

Pablo ora sente che vola
Dove nessuno può andare
Stringe il coltello nei jeans
Correndo verso il viale

La legge qui non ha voce
Qui è giusto solo chi tace
E ora con foto e indirizzo
Vedrà di cosa è capace

Lui sente tutto già morto
Da quando era bambino
Per la sua lama non conta
Baciare un uomo o un gattino

Pablo scavalca il cancello
Schiude la porta con stile
Un gatto esce correndo
per cercar prede in cortile

Ci siamo quasi, bastardo !
Pensa guardando la foto.
Adesso salgo e ti mostro,
Come fa il gatto col topo.

La scala regge il suo gioco,
Fin oltre al sesto gradino
Fin quando un chiodo mal messo
Concede al legno un inchino.

Pablo si ferma a mezz’aria
Suda e trattiene il respiro
Un altro passo tradito
E sarà lui sotto tiro

Il lume di una candela
Mostra che stanza adombrare
Che se poi dorme è anche meglio
Meno fatica da fare…
Cerchi qualcuno ? gli chiede
Chi Pablo teme guardare

Ho visto stagni più sinceri dei laghi nel riflettere il cielo senza volerlo toccare, ricchi di vita, di espansioni anulari. Ho visto stagni, lo giuro, più profondi dei mari. Queste frasi di niente, son per i pochi del mondo, per chi brilla nell’ombra, per i coralli sul fondo. Per chi serve la corte, mentre ha un regno nel cuore. Per chi ha corpo di uomo, ma nell’animo è fiore. Mentre il ballo dei molti segue un solo copione, un solo passo di danza elevato al milione. Mentre il circo dei nani sfoggia scettri e corone. E i pastori del nulla spargon tesi e parole. Per chi non firma la sabbia, e rinuncia al suo nome. Per chi intravede la vita, tra artefatto e illusione. Per chi offre una lacrima, a chi mai non ha pianto. A voi uomini alati, offro questo mio canto. Mentre in piazza si prega per chi uccide l’amore, il silenzio s’impicca proprio accanto al rumore. Mentre la spada d’avorio, bacia il naso ai migliori, partono i botti nel tempio ; per sbaglio bruciano i fiori. Voi seguite la legge che l’ignorante non vede, ignorate la sua, per non esserne prede. Voi che aprite la porta che sta accanto al portone, dove c’è meno gente, ma più sguardi e persone. Mentre il mondo di tutti si rispecchia nel nulla, un germoglio di luce trova voi come culla. Mentre opposte preghiere cadon dentro alla rete, voi sbattete le ali verso quello che siete.

Nuotare in tondo è morire, per chi ha gli abissi nel cuore.
Per chi nasce delfino e come abbracci ha sei muri.
Per chi ha sete d’oceano, e sbatte contro gli specchi,
Per chi il cadere di un’onda, resta un mistero ai suoi occhi.

La vostra palla è un pianeta che non mi lascia giocare,
Le risate dan voce a chi mi ha tolto al mio mare.
Da creatura felice, a mansueto giullare.
Sogno quel che non ho, e cerco di immaginare.

Sogno il mare aperto, quando si accende la notte.
Il canto delle balene, le loro voci perfette
Sogno di essere in tanti, da un lato all’altro del mondo
Sogno la pinna che spinge, a volte al cielo altre al fondo.

Vedo le alghe danzare, tra coralli di sale.
Tartarughe giganti, ombre e raggi di sole.
Il fresco delle correnti mentre mi porta la dove
Il gioco inizia e finisce nel salutare le navi

Poi mi sveglio in prigione, salto e prendo un respiro.
Penso in fondo chi chiude è lui chiuso per primo.
Vorrei io liberarlo, carezzargli la mano.
Perchè in gabbia mi sento, delfino e un po’ essere umano

Ti sei spinta oltre l’ultima salita,
Sei arrivata dove comincia l’infinito.
Una poesia, sotto le stelle si fa preghiera.
La tua voce: viola, primavera.

Hai negli occhi tutto ciò che vuoi vedere,
Ciò che non vedi lo puoi sempre immaginare.
Chiedi alla luna : « Non hai paura di cadere ? »
Lei ti fa il verso e ti fa segno di saltare…

Lassù!
Dove il rumore degli spari non arriva.
Dove la terra sembra una lacrima insabbiata.
Dove i pensieri non hanno ali per planare.

Lassù!
Senza albe ne tramonti da applaudire.
Senza una strada che ti dica dove andare,
Dove la meta è stare fermi a respirare.

Hai negli occhi tutto ciò che vuoi vedere,
Ciò che non vedi lo puoi sempre immaginare.
Baci una stella che in tempi antichi ti fu casa.
Lei dice « grazie ma ora devi continuare. »

Lassù!
Sentirsi soli sembra quasi una virtù.
Guardi la mano e poi la incastri tra i pianeti ;
Più non distingui i soli e gli astri dalle dita.

Lassù!
Giri e rigiri e non sei mai a testa in giù.
Volare sembra quasi un fatto naturale,
Andare oltre un’esigenza primordiale.

Una volpe si strofina alla tua gamba.
Il tuo volo finisce a picco tra le foglie.
Ti ritrovi così stanca e appesantita.
Poi guardi in alto e lanci un ultimo saluto…

Lassù!
All’universo la preghiera sembri tu,
Dolce creatura, cara amica senza sale.
Poesia di pace; gocciolina e insieme mare.

Guarda quell’ombra,
è il colore del tuo cuore,
la più stupida poesia.
Guarda quell’ombra,
è la voce maledetta,
che ti spinge alla pazzia.

Dal nulla,
Una bocca di raggi dorati
Si apre sussurrando tra i cieli:
è la voce che muove i pianeti.
Dal nulla,
Un occhio di galassie lontane
Si schiude come un fiore di loto:
è lo sguardo che imprime la vita.

Guarda quell’ombra,
è una maschera riflessa
sulle unghie del mistero.
Guarda quell’ombra,
è una notte di tempesta
Dove il bianco si fa nero.
Guarda quell’ombra,
è l’inizio di una vita che finisce
Guarda quell’ombra,
è una testa che annuisce e non capisce

Dal nulla
Un suono di silenzi e campane
Si estende fino ai piedi del mondo
Per legarsi ad ogni corda vocale.
Dal nulla
Un volo di pavoni estasiati
Come mani guantate di vento
A segnare dove albeggia l’estate.

Guarda quell’ombra,
è una lacrima di sale
Guarda quell’ombra,
è una tomba di parole
Guarda quell’ombra,
Un domani sempre uguale

Guarda quell’ombra…
Guarda quell’ombra,
è un pensiero incatenato
Guarda quell’ombra,
un miraggio pizzicato
Guarda quell’ombra,
serpe gioiosa, dannata poetessa.
Se non la vedi….
Sei uno con essa.

Torna in alto